Imparare a fluire un po’ di più sembra cercare di scendere un fiume dove però un miliardo di stronzissimi castori continuano a fare dighe. Non so se mi spiego. Sì, so che mi spiego.
Mentre la via s’inzuppa di sole
Lì c’è la cima, ti han detto, tu sali e dietro trovi due vacche e due merde, ma la cima mica c’è: c’è un altro colle. Un’altra cacata bovina.
Però ho ragione, l’unica volta che non ci tengo ad averla, ho ragione. E una galleria di volti affabili.
Non ho programmi, altri che questo
Dicono che è asma. Quella cosa che la notte rantolo. Adesso pensano all’asma. Sono mesi, anni che mi lamento, e nessuno che mi desse retta. Poi un giorno decidono di auscultarmi e mi trovano i bronchi chiusi come le botteghe a ferragosto.
L’oblò
Quand’ero bambina catturavo coccinelle e le mettevo in un barattolo di vetro che chiudevo col cellophane. Gli addobbavo tutto, gli facevo l’habitat. Il cellophane lo foravo con uno spillo rubato al set di cucito della mamma. È un po’ così che mi sento, come quegli insetti a pois. Adesso lo sapete.
Il luogo sacro
Bisognerebbe pensare che non c’è niente, dietro, nessun complotto. Gli eventi sono solo eventi: il bel tempo, il brutto, la pioggia vale come il sole, la febbre vale come la salute, un batterio quanto una di quelle mosche che ripetutamente schiacciamo sui vetri con quella racchettina fucsia. La vita mica lo sa, che invece cambia tutto.
La scala
Intanto levi tutto.
È questo, l’incredibile: la scala.
Scrivi per il blog nelle ore lucide, quelle che la febbre non viene a romperti i piani e il corpo. Cucinare, fare la cyclette, uscire: saltano via come mine.
Poi comincia che anche i figli mica li segui più. I figli diventano brevi “sì, prendi pure la merenda, non farmi alzare, per favore”, e poi chiavistelli
Il tempo delle notti
Sono insolitamente sveglia, eccolo quel tempo che potrei chiamare “mio”, alzati, Madda, va’ di là, scrivi, leggi, guardati una sitcom alla tv, prenditi la casa.
Ma la notte è piccola e trema. Non ce l’ha, quell’arroganza lì che noi ci mettiamo addosso di giorno.
Piccole mancanze
C’è un motivo, se odio l’inverno. Se penso a quando ero ragazza e non c’era differenza tra le stagioni… Ho ricordi di minigonne vertiginose, di quelle che zittivano mia madre e la condensavano tutta in un labbro scettico. Ho ricordo di discoteche e superalcolici, i soli che apprezzassi: un po’ perché non mi piace la birra (e nemmeno il vino), un po’ perché avevo fretta di stortarmi. Così uscivo quasi digiuna, per cena un mestolo di zuppa
Pensieri notturni
VICKS VAPORUB, CALENDARI, ALBERI E SORDITÀ
Sveglia alle 3 del mattino, per oltre un’ora, trafitta dalla tosse incessante, mi ammollo in pensieri che avrò modo di rinfrescare alle 5 e poi alle 6, mentre rincorro Morfeo (che ha divorziato dalla tosse molti secoli fa, direi – anzi – millenni)
Dottori. E cose rimaste
Mi hanno dato il cortisone.
Arrivo allo studio che il medico è già lì. Su una porta aperta, buonasera. L’ho fatta aspettare?
Invece è cordiale, un uomo con un suo portamento nobilitato dal camice, brizzolato nei capelli e nella barba. Anche nei modi, invecchiati dalla professione eppure a tratti capaci di ritrovare una giovialità amicale.
Non basterà.
Pacchetti d’intimità familiare
– Buongiorno, dica.
– Ehm, vorrei un chilo di buonumore, due etti di vacanze, un paio di… quelli cosa sono?
– Abbracci normali. Le consiglio però quelli extra, sono più grandi e ci si sta anche in tre.
– Ma tipo… qualcosa di originale, non ce l’ha?
– Ah, questi! Questi stanno andando tantissimo in questo periodo! Sono pacchetti di intimità familiare. Coadiuvano vita domestica, lentezza, letture e giochi di società. Funzionano così…
L’importanza di ammalarsi a turno
Al mio fianco, nella buona e nella cattiva sorte, Mathias decide per la seconda, e sfodera a sua volta il numero vincente della lotteria: 38. Mentre Patrick riprende quota e forze ti chiedi, gemente, a chi affidare tre figliuoli, che paiono improvvisamente scoppiare come quella birra che mio marito è solito dimenticare nel freezer.
Sentirsi importante
Alle dodici e tredici eccola. Dice che è venuta a piedi (forse intende dire coi mezzi).
– Allora vuole lavarsi le mani prima di visitarmi, immagino…
– No no, va bene cossì. Mi dica il problema.
E no, che cazzo. Io ti dico il problema ma tu ti lavi le mani. Lo sanno anche i miei figli che…
– Mi dica.
E va bene:
– Ho la tosse.
Madre on demand
Nel film Love story campeggia la frase: “Amare significa non dover mai dire mi dispiace.” Nella maternità la frase cult è: “Essere madre significa non poter mai dire vaffanculo.”
Invece io lo dico. Sia uno, sia l’altro.
Di weekend, feste e addio al coniugato
Avendo ricevuto venerdì l’onorata visita della Fatina della Sfiga sto trascorrendo un intero weekend assillata da un amletico interrogativo: meglio ammalarsi durante la settimana o nel fine settimana?
La questione, che non ha evidente ragion d’essere dal momento che la Fatina arriva quando vuole lei e non quando dico io (tendenzialmente mai), ha il nobile intento di rovistare nel mio cervello alla ricerca dell’ottimismo perduto.
Durante la settimana: opzione decisamente favorevole alle madri lavoratrici o genitrici di prole debitamente collocata in strutture ausiliarie
Mia madre mi portava il tè coi savoiardi
Mi sono messa su il caffè. Non è il massimo, ma mi andava.
C’è quella pubblicità nuova, in tv, una mamma dice alla figlioletta: “Mi spiace ma devo prendermi un giorno di ferie.”
Poi si prende il vicks (anziché le ferie) e tutto quadra.
Invece a me è venuta la febbre, bella alta, mi percuoteva come un’intera tribù africana. Mi scuoteva il corpo e mi faceva gemere che sembravo in travaglio. Anzi. Anzi i vicini, se sono un po’ ottimisti, potevano pensare a chissà che.
Inconsueta
Forse non è niente. Forse è solo un virus maledetto, ho visto il tuo piccolo viso contrarsi straziato e spaventato. Mi reclami più che mai, sei mogia, consumata, oppure nervosa, una serie audace di no senza fine. Ma ho smesso di arrabbiarmi.
Com’è denso l’amore di una madre intorno a un figlio malato: solidifica come cera di una candela, il lume attento della veglia. Osserva ogni cosa, ogni reazione
Dapprima fu il lamento
Dapprima fu il lamento: un suono graffiante, monocorde, stridente come il gesso alla lavagna.
Noi diciamo: “Fa contatto!” con un ghigno che annaspa alla ricerca dell’ironia, perché la gentile vibrazione si produce puntualissima e prevedibile non appena deponi la piccola a terra.
Poi fu la dieta: di una scodella di pappa preparata con zelo e tantissimo amore la principessa…
Cuori in autunno
Ho pensato che oggi poteva andare meglio. Ho tenuto Sarah a casa tutta la settimana, aveva la scarlattina. È un male brutto, è streptococco, quel batterio che si è preso gola e cuore, una valvola, anni fa, nel mio corpo di bambina.
Un po’ di febbre, brividi, lamenti: i bambini lo fanno vedere subito. Dapprima credi sia un capriccio, poi osservi meglio, ti viene il dubbio…
Un simpatico passatempo
Chi era, John Lennon? Diceva: “Life’s what happens to you while you’re busy making other plans.” (La vita è ciò che ti capita mentre sei impegnato in altri progetti).
Verrebbe da dire: quanta vita, con un neonato!
È vero, Isabelle è migliorata così tanto da permettermi il lusso di portare a termine qualche azione ordinaria, tipo fare una lavatrice, stendere, telefonare. E perfino straordinaria, come occuparmi dei miei album di fotografie, selezionarne qualcuna per coinvolgere anche lei nell’arredo di casa, sui cui muri troneggiano solo i fratelli, o addirittura scrivere senza aspettare che mio marito faccia il tato la sera. Eppure…