Mille volte questi scorci, mille più del Louvre o dell’Opéra. Queste vie a colori pastello, le mansarde aggrappate ai piccioni, alle ringhiere di ferro battuto, la Senna così ampia e materna, i giardini, le boulangerie all’angolo, l’Ile de Puteaux, la collina, il ponte. Le péniches attraccate, le nuvole che stanno per cadere e poi non cadono mai.
Un’altra Parigi
Poi si cammina, si segue la Senna, le luci sospese delle mouche, le ondate giapponesi verso i moli. Siamo turisti a metà, lui che sa tutto, nel suo, io che non so nulla.
Delle ore ce ne fottevamo. Ci svegliavamo quando uno dei due si svegliava. Quando la luce già comandava alle finestre. Tanto potevamo sempre tornare
Lei non c’era
Sull’ultimo tocco di zapping, ieri sera, siamo caduti sulle notizie: la strage di Parigi.
“Mia madre era a Parigi oggi” mi dice Mathias. Non in quella parte della città, ma la città è forata da una lingua di odio che trivella e arriva dove non si sa. Da amici che non conosciamo, forse sono usciti a cena, a bere. Il Bataclan no, su quello siamo tranquilli. Noi. Mentre la vita si accascia. Noi sul nostro divano ancora a fiori, lui manda un sms, per sicurezza, così. Lei non risponde.
Una delle cose più giuste che ho fatto
Una ragazza, i capelli lunghi, sciolti, sulle spalle. Un paio di jeans, una maglietta. Sì, ma quale? Interroga l’armadio: bianca, ci vuole bianca, che non si veda se sudo. Perché suderò…